Nel colore uno stato d’animo

Nel colore uno stato d’animo
di Rina Di Giorgio Cavaliere

Dopo la lunga pausa delle festività natalizie (una situazione di totale libertà, divertimento e relax), immancabilmente siamo stati assaliti dalla malinconia dei giorni felici appena trascorsi. La “sindrome da rientro”, così definita dagli esperti, un male che accomuna molte persone, è la conseguenza del ritorno al lavoro e del cambiamento di abitudini. Possiamo ridurre tale sensazione, mantenendo vivo il ricordo delle cose piacevoli vissute con tempi di lavoro che prevedano delle pause e prolungando l’effetto vacanza con uscite serali e brevi villeggiature nel weekend. Lo stress post vacanze in inglese è detto Post-Vacation Blues dove “blue” significa anche tristezza a conferma del significato emotivo e simbolico del colore nella nostra vita quotidiana.
Va da sé il riferimento all’altra espressione inglese Blue Monday; “il giorno più triste dell’anno nell’emisfero boreale” dello psicologo Cliff Arnall dell’Università di Cardiff. Questi ha ideato un’equazione matematica, molto discussa, per calcolare nel terzo lunedì di gennaio successivo alle festività natalizie (quest’anno corrispondente al 16 gennaio) la giornata più fredda, con poca luce e faticosa dell’anno. Dal 2005 ad oggi il termine è stato amplificato dai social network. Buona parte delle analisi contemporanee sui fenomeni economici, politici, sociali e culturali è condotta all’insegna della globalizzazione che, secondo Anthony McGrew, ha una doppia connotazione: estensiva (i fatti che avvengono nel globo hanno significative ripercussioni su individui e comunità che vivono in altre parti) e intensiva (crescente interdipendenza e interconnessione tra studi diversi e società differenti).
In modo ovvio lo studio è stato utilizzato per svariate operazioni di marketing, che gettano luce su come nasce una campagna pubblicitaria e sugli assurdi condizionamenti prodotti dalla pubblicità, quando utilizza gli strumenti della comunicazione visiva. Tale realtà ci suggerisce una riflessione sulla persistenza dei simboli, in particolare nella comunicazione di massa, sull’uso iconico del colore, sulle abitudini sociali legate ai suoi significati e sull’origine socio culturale della scelta. Tutti abbiamo memoria delle immagini pubblicitarie con intenti espressivi o esortativi ove è costruito il tono dorato delle boccette di profumo che richiamano all’opulenza, i toni metallizzati del grigio per le auto di lusso, un’ambientazione solare per promuovere serenità affettiva vivibile con il consumo del prodotto dolciario, oppure la semplice etichetta decorativa di un prodotto alimentare le cui caratteristiche di bontà, gusto e dolcezza devono essere esaltate con il colore.
Tra i criteri presi in esame da Cliff Arnall (lavoro, tempo libero, acquisto dei regali) è presente anche il meteo invernale, difatti il colore dell’inverno è quello della neve e dei cieli plumbei. In nessuna stagione, come in questa, i toni appaiono morbidi e vellutati. La nebbia spesso avvolge l’intero paesaggio, creando un mondo intorno a noi quasi surreale; gli spazi risultano delimitati in forma incerta e i toni cangianti.    L’ambiente ideale è quello successivo a una nevicata, quando la terra e le cose sono coperte da una immacolata veste, mentre il cielo conserva il suo grigiore. Scopriamo la bellezza unica del paesaggio invernale, per migliorare il nostro rapporto con le trasformazioni che avvengono in natura; privilegio per uno stato d’animo più sereno. Per esempio osservare con una lente a notevole ingrandimento un filo di erba secca o un rametto di vite. Una volta esposto al sole svilupperà una sinfonia di colori e tonalità. E’ tutto un piccolo, grande mondo da scoprire!
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